Mandrakata: ma perchè dobbiamo ridere della corruzione?

Mandrakata

Febbre da cavallo – mandrakata. Un divertente film di Vanzina del 2002 che racconta truffe e truffette del mondo romano dei cavalli. Remake a sua volta di un altro film del 1976.

Incredibile il parallelo con Suburra. Le mandrakate fanno ridere, Suburra fa venire l’angoscia. Ma raccontano le stesse cose: truffe, tangenti, giri di prostitute, strozzini, disperazione economica. Roma è un disastro e che si sia nel 1976, nel 2002 o nel 2015 si è costretti a raccontare sempre le stesse cose. Perchè però tra il “76 e il 2002 si raccontavano le truffe e le tangenti con il sorriso sulle labbra, mentre nel 2015 tutto questo diventa una narrazione cruenta e angosciante?

Semplice: è cambiato il contesto. Quella Roma “prostituta di Babilonia” che ha attraversato la Roma corrotta dileggiata da Boccaccio, la “leonessa lasciva” dei Borgia contro cui se la prendeva Savonarola è ancora lì. Ma gli italiani negli ultimi anni si stanno svegliando. Per gli italiani la corruzione romana non è più una simpatica “mandrakata”. Forse gli italiani iniziano ad accorgersi che quella corruzione mostruosa che ingrassa mafiosi e cravattari, corrotti e corruttori alla fine della fiera la paghiamo noi. Centesimo dopo centesimo tutti gli euro della simpatica mandrakata escono dalle tasche degli onesti un po’ semplici che pagano le tasse, credono nello Stato e nelle istituzioni.

Che mandrakata. Roma resta la città più bella del mondo, il simbolo più importante del potere nella storia. Ma ancora oggi non siamo in grado neppure di trovarle un sindaco decente. Continuiamo a doverla raccontare come una città corrotta e marcia, dove i furbetti portano a casa la pagnotta, le ingiustizie sono la regola e se sei un truffatore ai cavalli non sei un truffatore, ma fai una simpatica mandrakata.

Forse abbiamo sbagliato il XX settembre. Perchè alla fine non c’è niente di più pontificio di Roma. E se gliela avessimo lasciata il Papa se la sarebbe tenuta. E noi italiani, con la capitale a Firenze, saremmo tutta un’altra cosa. E non sapremmo neanche cosa significa “mandrakata”.

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