Michele Arcangelo e la Bellezza della Verità

Il capo degli Arcangeli veglia su di noi con la spada della verità e lo scudo della bellezza
Non sono simboli, sono realtà più vere della pietra
Esiste tutto ciò che siamo capaci di immaginare:
l’immaginazione è traduzione di verità inesprimibili,
è il linguaggio con cui l’anima percepisce ciò che l’intelletto non sa dire
simbologia delle dinamiche dell’invisibile
Là dove la logica finisce, comincia il regno degli angeli
E lì, tutto è perfetto
C’è il male, il diavolo e tutti i suoi demoni,
c’è il bene, Michele Arcangelo e i suoi fratelli di luce,
yin e yang in eterno equilibrio, lotta cosmica,
equilibrio sempre temporaneo tra la caduta e la redenzione
Albedo è consapevolezza che non è il buio a governare il tempo,
non è Satana a scrivere il destino
Dopo ogni notte sorge il giorno,
in ogni male dorme un bene,
e Satana è vegliato in ogni istante da Michele Arcangelo,
non è padrone della notte,
è sorvegliato dalla spada di chi combatte per la Luce.
“Quanto male c’è nel mondo”
dico a un anziano frate nel confessionale
Lui sorride francescano e tace
“Padre, sento il peso del male”
Lui sorride serafico e tace
“Se i demoni avessero corpo oscurerebbero il sole nel meriggio”
dico con zelo
Sorride, tace
“Sono così tanti i demoni nel mondo” ribadisco
“Sì” risponde il suo sorriso “ma gli angeli sono di più”
“Ogni uomo è per metà un angelo caduto,
ma l’altra metà è fatta di fuoco che vuole risalire”
(Dostoevskij)
Il contemporaneo si inginocchia davanti al lato oscuro,
lo contempla, lo veste, lo vende
Il postcontemporaneo alza lo sguardo,
vede oltre la tenebra, riconosce il bagliore che la trafigge.
Michele non è solo.
Nella tradizione — apocalittica e misterica —
non è uno, ma uno fra sette
Sette arcangeli, come sette fiammelle davanti al trono,
come sette note di una melodia celeste,
ognuno custode di un aspetto della verità,
ognuno difensore di un volto della bellezza eterna.
Sette, numero dell’abbondanza,
dell’interezza, della creazione che si compie,
dei giorni, dei sacramenti,
dei colori dell’iride, dei cieli sovrapposti nella visione profetica
Sette, come i guardiani della soglia,
ognuno con una missione, un nome, un sigillo,
e forse, ognuno con un linguaggio che si fa poesia dell’apocalisse
E così, con parole prese dall’Apocalisse – tutte tranne una,
scriviamo un’invocazione ai sette
Una preghiera postcontemporanea
Un grido tra le rovine che custodisce ancora speranza bianca
AI SETTE ARCANGELI
Sette,
vi cerco negli occhi di fuoco
vi invoco davanti al trono
suono di sangue e tuono
vi invoco fra i flagelli
si squarciano i sigilli
Sette,
suonano nelle orecchie le trombe
le tombe si aprono di Gog e Magog
ecco la sinagoga del drago
grande agonia, porto dentro Babilonia
Cerco il mio nome sopra le porte
che non mi colga la seconda morte
Sette,
la bestia è libera
vomiterà i tiepidi l’Amen
tormenti e lamenti
clamori, scorpioni e leoni
Sette,
in testa si fa silenzio
assenzio si versa dalle coppe
scoppi, clamori e marchi sulla fronte
bisogna salire su una nuvola, su un monte
Sette,
non cerco i vostri nomi
aromi di incenso
il senso recondito delle stelle
sono così belle
Sette,
datemi da mangiare i frutti
riscatti di uomini e lingue
foglie, germogli d’albero di vita
scrivete il mio nome sul libro
Sette,
una pietruzza bianca
apocalissi nei miei abissi
un nome nuovo, un cantico nuovo
sul volto, che era morto eclissi
ora è risorto

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