Ecco la morale cattolica sulla prostituzione

Morale cattolica sulla prostituzione

Il mio post sul centro massaggi cinese ha fatto discutere. Allora può essere interessante andare a vedere cosa la morale cattolica sulla prostituzione dice. C’è qualcosa di radicato nei secoli. Anzi, nei millenni. E si può riassumere essenzialmente così: la prostituzione è turpe, ma esisterà sempre e quindi la legge deve occuparsene e regolarla.

Il catechismo della Chiesa cattolica così recita:
“2355 La prostituzione offende la dignità della persona che si prostituisce, ridotta al piacere venereo che procura. Colui che paga pecca gravemente contro se stesso: viola la castità, alla quale lo impegna il Battesimo e macchia il suo corpo, tempio dello Spirito Santo. 237 La prostituzione costituisce una piaga sociale. Normalmente colpisce donne, ma anche uomini, bambini o adolescenti (in questi due ultimi casi il peccato è, al tempo stesso, anche uno scandalo). Il darsi alla prostituzione è sempre gravemente peccaminoso, tuttavia l’imputabilità della colpa può essere attenuata dalla miseria, dal ricatto e dalla pressione sociale”.

Scrive però Sant’Agostino, voce più che mai autorevole anche in fatto di morale cattolica sulla prostituzione: “Che cosa di più sconcio, di più vuoto di dignità, di più colmo d’oscenità delle meretrici, dei ruffiani e simile genia? Eppure togli via le meretrici dalla vita umana e guasterai tutto col malcostume. Mettile al posto delle donne oneste e disonorerai tutto con la colpa e la vergogna. E così tale genia di persone, a causa dei propri costumi, è la più laida nella vita, per disposizione di legge la più bassa di condizione. Non avviene che se consideri a parte certi organi nel corpo degli animali, ti rifiuti quasi di guardarli? Tuttavia la legge naturale ha disposto che non manchino perché sono necessari, ma non ha permesso che apparissero di troppo perché non sono belli a vedersi. E queste parti deformi, occupando il posto competente, hanno lasciato il migliore alle parti più degne” (De Ordine II, c. 4, 12).

Cosa avrà voluto dire con “togli via le meretrici dalla vita umana e guasterai tutto col malcostume”? Che forse la prostituzione funziona, nella logica del peccato, come valvola di sfogo della brutale sessualità maschile? Sembra proprio di sì. Specialmente se andiamo nell’altro grande polmone filosofico del mondo cattolico, ossia il tomismo, dove troviamo Bartolomeo Fiadoni (conosciuto anche come Tolomeo da Lucca), un importante prosecutore dell’opera di San Tommaso, che scrive:

“E perciò Aristotele critica in ciò la sentenza di Platone, poiché congiungersi in modo carnale con le mogli è un male minore che deviare in spregevoli atti sconci.

Da ciò Agostino afferma che la prostituta nella società fa quel che fa la sentina nella nave, o la fogna nel palazzo: togli la fogna, e riempirai di puzza il palazzo, e lo stesso per la sentina: togli le prostitute dalla società, e la riempirai di sodomia.

Per questo motivo lo stesso Agostino dice nel quattordicesimo libro della Città di Dio, che la Città terrena rende l’andare a prostitute una turpitudine lecita”. (Bartolomeo Fiadoni, De regimine principum continuatio, IV 14).

Certo, tutto questo è molto più facilmente comprensibile da un maschio, che conosce la propria sessualità. Le donne emancipate oggi possono capirlo, nel contesto della morale cattolica sulla prostituzione?

Nello Stato pontificio, quando il Papa era anche il Re, le prostitute c’erano eccome, venivano chiamate “donne curiali” perchè dipendevano da una licenza rilasciata dalla Curia romana. Nel 1500 si calcola fossero circa 13 mila. Lo stato pontificio investiva i soldi ottenuti con le tasse sulle prostitute in opere pubbliche. Moltissimi monumenti sono stati finanziati con i soldi della prostituzione. Che alla fine quindi qualcosa di buono ha prodotto.
Comunque non si dica mai che in Italia la prostituzione è vietata a causa della Chiesa. Perchè la morale cattolica sulla prostituzione è sempre stata molto realistica.

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