Algoritmo di google: come diventeremo sempre più ignoranti

Algoritmo di google: come diventeremo sempre più ignoranti

algoritmo di google ci rende ignoranti

Vi ricordate “comprendere la poesia di Jonathan Evans Pritchard“? Il tentativo, raccontato e condannato nello stupendo film “L’Attimo Fuggente”, di misurare la poesia con criteri scientifici e ridurla su due assi? Bene. Ricorderete anche come definiva questo tentativo il professore, Robin Williams: “escrementi”. E aggiungeva: “non stiamo parlando di tubi”.

Da qualche giorno Yoast Seo, il plugin più attento a dirci come lavora l’algoritmo di google, ha introdotto un nuovo criterio per l’analisi dei contenuti. Il “Flesch–Kincaid readability tests“. Sapete cos’è? La versione evoluta delle teorie del fantomatico professor Jonathan Evans Pritchard. Questa scala misura la complessità di un testo in base al numero medio di sillabe per parola, al numero medio di parole per frase. E se usi parole o frasi troppo difficili ti appare il suo suggerimento: “Prova a creare frasi più brevi, usa parole meno difficili per migliorare la leggibilità”.

Sapete cosa significa questo? Che un altro pezzettino del mistero dell’algoritmo di google è stato svelato. Google indicizza meglio testi semplici, alla portata di tutti. E sfavorisce quelli più complessi. Badate bene. Già ora questo testo che leggete ha una valutazione di 19.7 (su 100). Se scrivo una frase complessa, come “la palingenetica obliterazione dell’io cosciente che si infutura nell’archetipo dell’antropomorfismo universale” la valutazione complessiva del testo precipita a 13.6.

Capiamo bene le conseguenze di questo meccanismo? Cercando su google troveremo sempre prima testi poveri di lessico, scritti per ragazzini delle medie. E faticheremo a trovare i testi più complessi, che contengono la ricchezza delle parole inusuali e ricercate. Con un impoverimento generale della lingua italiana che scopriremo solo fra una generazione, quando saranno cadute in disuso parole come sciamannato, gaglioffo, sagittabondo, bislacco, lapalissiano, luculliano… Per non parlare della sventura di chi fa il giornalista ed ha sempre meno armi da utilizzare.

Avete capito che questo post è una sfida all’algoritmo di google? Con tutte queste parole complesse nel testo sto cercando di raggiungere lo zero.

So che la battaglia contro l’incipiente ignoranza è persa, ma se Davide ha vinto contro Golia, anche la cultura può trionfare contro la massificazione digitale pauperizzante e distorcente. E con questo sono arrivato a 7.4 su 100 nella scala Flesch–Kincaid readability tests, alla faccia dell’algoritmo di google. Lì non mi troverete mai.

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