Stefano Servadei: muore l’uomo che ha amato la Romagna più di chiunque altro
Stefano Servadei. Questo è uno di quei giorni che non avrei mai voluto vedere. Perché con tutti i pensieri che questo presente così poco divertente mette in testa non avrei mai voluto incontrare il pensiero della morte di Stefano Servadei.
Che fa morire anche un pezzetto della mia storia personale.
Certe persone ci sembrano immortali. Ci sembra che non debbano morire mai. Servadei era una di queste.
Lui era un vero socialista. Forse l’unico che io abbia mai conosciuto. Era un luogotenente di Pietro Nenni ed apparteneva a quella tradizione socialista che affondava le radici talmente indietro nella storia che era storia vivente lui stesso.
Era un antifascista, aveva fatto la Resistenza ed era pure finito internato in Svizzera.
Poi aveva fatto il cursus honorum della politica di un tempo: è stato consigliere comunale a Forlì, poi vicepresidente della Provincia, deputato per vent’anni (dal 1963 al 1983) e a fine carriera ha fatto una legislatura da consigliere regionale.
Ma è stato anche Questore della Camera, e Sottosegretario all’Industria e al Commercio Estero.
Poi ha fondato il MAR, il Movimento per l’Autonomia della Romagna. Raccogliendo la tradizione di Aldo Spallicci nella difesa, anche politica, dell’autonomia della sua terra.
Era un uomo che aveva portato la Romagna a Roma. E lo piangiamo a distanza così ravvicinata dall’altro galantuomo di Romagna che tanto si era battuto per l’autonomia di questa terra, il senatore Lorenzo Cappelli.
Conobbi l’onorevole Stefano Servadei nella seconda metà degli anni “90. Io ero un ragazzino, e fu lui ad attaccarmi quella passione per la Romagna che ancora oggi mi divora dentro.
E lo fece mostrandomi con i fatti, oltre che con le parole, che essere romagnoli è decisamente una cosa seria. Una responsabilità in cui si intrecciano ideali politici, storie gloriose di lotte e di conquiste. E tanto sangue.
E per essere romagnoli serve buona memoria. Quella con cui l’onorevole Stefano Servadei riusciva a stupire, raccontando e rileggendo episodi storici come fossero appena accaduti.
La stessa memoria che dovremo esercitare di qui in avanti per non dimenticare l’importanza di quanto Stefano Servadei ha fatto per la sua terra. Era un uomo molto riservato, ma annotava sempre tutto. E penso che il MAR avrà l’onore e l’onere di mantenere viva anche questa memoria.
Quando qualcuno muore se ne fa sempre il panegirico. Di Stefano Servadei lo facevamo da vivo. Perché era sempre impeccabile, inappuntabile, inarrivabile.
“Tot da dé e gnit da cmandé” (tutto da dare e niente da comandare) era una frase che ripeteva spesso.
Un romagnolo figlio di un operaio, come amava ricordare, ma anche figlio di un tempo che ahinoi non esiste più.
Condoglianze alla famiglia. E speriamo che ora Stefano Servadei vegli la sua Romagna dal Cielo.
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