
Guerra. Una parola terribile. Una parola che nessun labbro vorrebbe mai pronunciare. Anche perché la memoria, sempre più lontana, ci ricorda che cosa questa parola significhi. Sangue, distruzione, disperazione.
Ma è compito dei poeti, e prezzo della loro libertà, far risuonare le parole di profezia e di verità. Quelle che gli altri non dicono.
Guerra. In quale altro modo possiamo chiamare questa situazione?
Tutto in pochi giorni.
A Parigi un professore viene decapitato per aver mostrato le vignette su Maometto in un corso sulla libertà di espressione. L’assassino gridava ‘Allah akbar’, Dio è grande.
A Nizza un satanico attentato ha messo fine a vite di innocenti che avevano l’unica colpa di essere in chiesa a pregare Dio in modo leggermente diverso dal loro.
Lo stesso giorno ad Avignone un uomo armato di coltello è stato ucciso mentre urlava, anche lui, ‘Allah akbar’.
In Arabia Saudita, a Gedda, un uomo ha assalito il consolato francese.
Vienna è stata sotto attacco, con vari morti, per mano di simpatizzanti dell’Isis. Sì, dell’Isis, quella roba che pensavamo fosse finita. Il panico si è impadronito della pacifica capitale austriaca, di quel piccolo paradiso, da un giorno all’altro.
Sempre in nome di Dio.
E di Erdogan.
A Kabul un attentato all’università provoca almeno 22 morti.
Chissà che ne penserà Dio su nel cielo. E chissà che diranno Rumi, i Sufi, i saggi islamici.
Noi possiamo solo togliere il velo dall’idolo delle nostre vite pacifiche e annoiate e prendere atto del fatto che siamo in guerra.
E quando c’è la guerra non servono al potere pupazzi in giacca e cravatta. Ma generali stellati, statisti e condottieri. Ed eserciti.
E serve tanta cultura di pace. Perché per quanti demoni possano svolazzare per i cieli del presente, bisogna costantemente ricordare al mondo gli angeli restano sempre di più.
La guerra si combatte solo con la guerra. Ma si sconfigge con la pace.