Utero artificiale: questa è la direzione in cui corre spedita la scienza. Con i soldi dell’Unione Europea sta avanzando a grandi passi un progetto che permetterà di far crescere i feti fuori dalla pancia della mamma.
Che significa cancellare milioni di anni di storia da mammiferi, privare gli esseri umani di quel legame fisico con la donna che li genera, togliere dalla carne e dal sangue i rapporti famigliari. Anzi, significa proprio cancellare le fondamenta di quel grande insieme di unioni che nelle ultime centinaia di migliaia di anni abbiamo fatto gravitare intorno ai significati di famiglia.
Mater sempre certa. Forse non sarà vero neppure questo.
In cinquant’anni di ideologie e depatriarcalizzazione abbiamo cancellato la figura del padre, con un solo gesto cancelleremo quella della madre.
Saranno quantomai felici gli Stati o ciò che li sostituirà. Magari le multinazionali. I nuovi individui saranno essere solitari, isolati, completamente plasmabili. I consumatori perfetti. Anzi, si potranno addirittura produrre in serie senza neppure scomodare la volontà generativa di un padre e di una madre. Prodotti. Questo è ciò che ci avviamo a diventare in modo compiuto.
Per l’utero artificiale gongolano ovviamente le femministe, che a loro dire libererà le donne dalla tirannia della riproduzione. E quindi aspettiamoci campagne, ovviamente finanziate con i soldi pubblici, per inculcare l’idea che l’utero in affitto è l’unica soluzione possibile e che le donne che hanno l’arroganza di usare il proprio utero per generare sono delle primitive. Magari anche un po’ fasciste.
E questo dovrebbe farci seriamente interrogare e riflettere su cosa sia il femminismo oggi e quanto sia capace di dare uno sguardo complessivo alla realtà, fuori dai filtri dell’odio per i maschi.
Con l’utero artificiale di certo la scienza segnerà un passo storico nella sua ricerca. La scienza è strumento di conoscenza e difficilmente si può immaginare di fermarne il corso.
Ma forse dimentichiamo che non tutto ciò che è possibile è necessariamente buono. E una domanda che dovremmo iniziare a farci, con sempre maggiore frequenza e profondità, è se l’utero artificiale sia veramente qualcosa di buono.