Postcontemporaneo: quali caratteristiche?

Postcontemporaneo: quali caratteristiche deve avere l’arte per rivolgersi già al futuro?

postcontemporaneo

La bugia del contemporaneo

La parola “contemporaneo” è già di per se stessa una bugia, nell’istante in cui la pronunciamo è già stata divorata dal passato. Ma è divenuta una bugia ancora più grande negli ultimi decenni, quando invece di definire una condizione cronologica ha assunto significati di valore. Si sente dire “quest’opera è molto contemporanea”, ma cosa significa? Che è stata fatta proprio adesso? No, significa che corrisponde a una serie di caratteristiche precise. E così oggi un’opera per essere contemporanea DEVE rispondere alle ideologie dominanti, deve occuparsi di temi LGBTQ+, sostenere le tesi antropofobiche sull’ambiente, maschiofobiche sul rapporto fra i sessi, ma soprattutto deve avere un compratore. Decaduti tutti i criteri estetici – il solo parlare di bellezza è bestemmia negli ambienti contemporanei – l’unico criterio che definisce cosa sia arte e cosa non lo sia è la legge del mercato. Lo aveva capito Andy Warhol nel 1962 con le sue Brillo Boxes, l’arte oramai si identifica con il mercato ed è l’incarnazione più piena del capitalismo che molti artisti fingono di criticare.

Come arrivare al postcontemporaneo?

Ho pubblicato il MANIFESTO del postcontemporaneo. Per arrivarci sono partito dalla poesia.

La poesia non ha praticamente subito i meccanismi che hanno portato l’arte contemporanea ad essere mera espressione del capitalismo, essenzialmente perché la poesia non è diventata prodotto di consumo: i libri di poesia sono poco appetibili per il mercato, almeno quanto gli spettacoli di semplice poesia. Per questo è forse proprio dalla poesia che l’arte può trarre la forza che le serve per fare il salto verso il futuro, ossia verso il postcontemporaneo.

Personalmente ritengo che per arrivare al postcontemporaneo servano alcune caratteristiche.

La prima è che l’arte torni ad avere una bussola estetica, personalmente ritengo che la bellezza sia scritta nelle molecole, basta studiare Fibonacci e le sue conseguenze e si scopre che esiste un codice biologico (e forse evolutivo) che segna l’oggettività della bellezza e la soggettività della sua percezione.

La seconda è che l’arte sappia abbracciare le dimensioni in cui si articola l’umanità oggi, ossia quella reale e quella cosiddetta digitale o virtuale, in una sorte di “arte aumentata”.

La terza è che l’opera superi i limiti fra le arti segnati dall’era didascalica e tipografica e torni a forme di arte totale, come le ecfrasi del tardo antico. Non per nulla mi dedico a forme artistiche che ricordano proprio quelle ecfrasi.

La quarta è che ritorni a onorare il sacro dell’arte.

Ma la caratteristica più importante è che l’arte sappia svincolarsi dal giogo tirannico di questo capitalismo totalizzante e trovi nuove forme di libertà espressiva, fuori dai confini netti imposti dal mercato. Personalmente ho sperimentato la logica del dono, che sconfigge in modo netto il sistema mercantile.

Andiamo verso il contemporaneo tutti insieme?

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